Suonare le campane a festa o a morto?
L'Istat ha appena pubblicato i dati definitivi del tasso di inflazione del 2013: 1,2%, in netto calo rispetto al 3% del 2012 e anche il più basso dal 2009. Ci sarebbe da suonare le campane a festa perché, in condizioni normali, un basso tasso fisiologico di inflazione fa bene all'economia. Al contrario, le campane da suonare danno il lugubre messaggio che il dato è tale perché, nel 2013, si è registrato un crollo dei consumi senza precedenti non solo secondari e terziari ma sopratutto in quelli di primissima necessità quali gli alimentari, come denunciano le associazioni dei commercianti e i carrelli quasi vuoti dei negozi della grande distribuzione che, anche nei discount, denunciano cali preoccupanti. Del resto, il dato Istat non fa altro che fotografare la pesante situazione economica in cui versa, da anni (anche se negata dal governo Berlusconi-Bossi-Tremonti specie negli anni 2008-9-10 e 11 raccontati come anni con aerei e ristoranti sempre pieni di goduriosi italiani ) il nostro Paese che ha fatto registrare anche un nuovo record del debito pubblico salito a ben 2014 mld di €, come ha rilevato Bankitalia.
Il 2013 si è chiuso con 3,2 milioni di disoccupati, il 42,1% dei quali formato da giovani e ragazze dai 15 ai 29 anni che sicuramente rappresentano la generazione che, per la prima volta nella storia dell'umanità, vivrà in condizioni peggiori di quella dei padri e dei nonni. La cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga ha, per il terzo anno consecutivo, raggiunto e superato il miliardo di ore autorizzate dall'Inps e ciò significa che nelle case dei lavoratori interessati, sono entrati meno soldi che hanno portato alla grave contrazione dei consumi. Partendo da questa obiettiva difficilissima situazione, credo che tutti gli sforzi dell'attuale governo dovrebbero indirizzarsi verso la creazione di nuovi posti di lavoro. Ma, poiché molti economisti di grido sostengono che anche con la ipotizzata 'ripresina' non si creeranno automaticamente nuove occasioni di lavoro, bisognerebbe riprendere e rilanciare, con la necessaria forza e determinazione, i contratti di solidarietà per centrare un vecchio ma sempre attuale obiettivo: quello di lavorare meno per lavorare tutti, purtroppo fallito dal movimento sindacale italiano, almeno sino a quando l'auspicata ripresa non produrrà nuovi posti di lavoro specie per i giovani che rischiano, altrimenti, di mancare l'appuntamento più importante e significativo della loro vita: il lavoro, che significa autonomia,realizzazione di se stessi,dignità e anche rilancio di quei consumi senza i quali la barca Italia sarà destinata ad affondare, inesorabilmente.
Giustino Zulli
Chieti, 14 gennaio 2014
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